BARLAAM DI SEMINARA
Barlaam di Seminara, detto anche Barlaam Calabro (Seminara, 1290 – Avignone, 1º giugno 1348), è stato un matematico, filosofo, vescovo cattolico, teologo e studioso della musica bizantino. Scrisse, anche, di aritmetica, musica e acustica. Fu uno dei più convinti fautori della riunificazione fra le Chiese d’oriente e occidente. È considerato insieme ai suoi due allievi Leonzio Pilato e Boccaccio uno dei padri dell’Umanesimo. Barlaam fu maestro di greco e latino di Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio che diede un importante contributo, attraverso la riscoperta dei testi greci, anche a tutto ciò che non molto tempo dopo svilupperà il movimento umanista. È proprio l’umanista Giannozzo Manetti il primo a menzionare Barlaam nella sua biografia del Petrarca.

 

LEONZIO PILATO 
Leonzio Pilato (nato a Seminara, inizi XIV secolo – Mare Adriatico, 1364) è stato un monaco cristiano e traduttore italiano della Reggio Calabria bizantina.
Discepolo di Barlaam, fu uno dei primi promotori dello studio della lingua greca nell’Europa occidentale e traduttore di Omero. 
E proprio alla sua traduzione di Omero in prosa latina realizzata per Boccaccio e mandata in seguito al Petrarca che è legata molta della sua importanza, benché Petrarca rimanesse estremamente deluso sia dal personaggio che dall’opera finale, per lui, come Boccaccio quasi del tutto ignorante di lingua greca, unica possibilità d’avvicinarsi al testo. Ha anche fornito a Boccaccio il materiale per la sua opera Genealogia deorum gentilium libri, sulla genealogia degli dei pagani. Nell’inverno del 1358 Leonzio, per seguire corsi di studio, si reca a Padova, dove un giurista lo presenta a Petrarca, alla ricerca di un traduttore delle opere di Omero: Leonzio comincia a tradurre i primi cinque libri dell’Iliade ma interrompe il lavoro per recarsi ad Avignone, sulla tomba del suo maestro Barlaam, mortovi di peste. Nel 1359 si sposta a Venezia, preparandosi a passare ad Avignone in cerca di fortuna presso la Curia papale. Lo raggiunge Giovanni Boccaccio, inviatovi dal Petrarca nel tentativo di trattenerlo in Italia per continuare le traduzioni dell’Iliade e dell’Odissea. Per convincerlo Boccaccio gli promette la cattedra di greco nello Studio Fiorentino e uno stipendio. Poiché le lezioni nello Studio Fiorentino iniziavano il 18 ottobre di ogni anno, è certo che Pilato continua le traduzioni dall’autunno del 1360 fino al 1362, periodo in cui tiene cattedra traducendo brani di Euripide, forse di Aristotele e, soprattutto, Omero, con un metodo – versione in prosa e «verbum de verbo» – che lascia perplesso il Petrarca, che ne seguiva le vicende. Nel novembre del 1362, terminata l’opera, Leonzio riprende la via di Venezia, presso Petrarca, senza consegnargli però le opere tradotte e commentate. Le porterà con sé pochi mesi dopo quando, inveendo contro l’Italia e gli italiani, si imbarcherà per Costantinopoli, da lui prescelta per la continuazione dei suoi studi. Non passò molto tempo, e il Petrarca ricevette una lettera di Leonzio che lo supplicava di farlo ritornare. Sembra però che il poeta non abbia risposto alla missiva. Sulla via del ritorno da Bisanzio, nel dicembre del 1365, percorrendo la traversata verso Venezia, la sua nave fa naufragio in prossimità del golfo di Venezia. Leonzio muore e, insieme a lui, spariscono i libri che probabilmente aveva con sé.

Quanto alla traduzione di Omero, il Petrarca la ricevette completa solo nel corso del 1368, inviatagli dal Boccaccio. Nel Quattrocento, un umanista milanese, Pier Candido Decembrio, scriverà che il poeta era spirato leggendo l’odissea di Pilato.

FONTE: Sebastiano Stranges